INTERVISTA A MARCO GUALDANI

Dopo avere intervistato sugli effetti della pandemia in corso Riccardo Boschi, in qualità di team manager, questa volta abbiamo deciso di affrontare la questione con un professionista del settore: Marco Gualdani redattore di Motociclismo FUORIstrada dal 2007. Nel biennio 2015/16 ha lavorato anche per Mediaset come commentatore TV della MXGP, con evento clou la diretta su Italia 1 per il Nazioni 2016 a Maggiora. Oggi lavora anche per la Offoradproracing, commentando le dirette degli Internazionali MX, dell’Italiano Junior e dell’Italiano Supermoto.

Nel corso dell’intervista siamo andati anche oltre la pandemia e abbiamo parlato di tanto altro. Buona lettura.

Tutto il mondo del motocross è vittima di questa pandemia. Come vedi il prossimo futuro?

Sono preoccupato, perché la moto non è un bene primario, ma un passatempo molto costoso. Se le famiglie italiane saranno costrette a fare delle rinunce, la moto è tra le prime cose che saranno accantonate, fermando un ingranaggio che genera comunque un indotto importante. Dall’altra parte, è un settore spinto da una passione talmente forte che potrebbe anche stupirci ed è quella che tutti noi dobbiamo continuare a tenere viva”.

Tra continue modifiche, il calendario MXGP sta diventando compresso, con tante gare ravvicinate. Al momento è impossibile fare previsioni, vista l’inarrestabile diffusione in tutto il Mondo. Secondo te c’è il rischio che salti tutta la stagione?

“Il rischio è concreto. È molto difficile riuscire a programmare un Campionato itinerante dovendo rispettare le singole direttive delle varie nazioni, attualmente molto diverse tra loro. Il promoter Infront Moto Racing ha già pubblicato diversi calendari, fino a dichiarare di dover attendere la fine della pandemia prima di produrne uno realmente definitivo. Che non è detto che arrivi. Quello che potrebbe salvarsi è l’attività nazionale e l’Italia potrebbe avere l’opportunità di mettere in piedi un bel Campionato, sfruttando i tanti team ufficiali (o di primo piano) che possiamo vantare. Vedere al cancello del Prestige piloti come Cairoli, Prado, Gajser e tanti altri potrebbe non essere così impossibile. Del resto se il Mondiale dovesse avere difficoltà, team e piloti dovranno trovare un’alternativa per scendere in pista e non credo che lo faranno a macchia di leopardo. Se ci sarà la possibilità dovranno correre, per cercare di salvare la stagione dal punto di vista economico, cercando di rispettare i contratti con gli sponsor. Il problema, però, è che l’Italia è stata la prima ad “ammalarsi”, ma pare anche che sarà l’ultima a venirne fuori; le notizie che ci arrivano dall’estero sono di situazioni più gestibili della nostra e in via di risoluzione. Dovremo anche capire cosa significherà per noi la ripartenza e a quali regole dovremo sottostare. Perché una gara di motocross è l’emblema dell’assembramento; prova solo a pensare a come dovrebbero cambiare paddock e la pit lane se venissero confermate le limitazioni che sono al vaglio in questi giorni”.

Anche in USA non sono messi bene. Il Supercross dovrebbe riprendere in autunno dopo il National. Pensi che la stagione outdoor sarà falsata visto che, sicuramente, Tomac e Roczen non vorranno correre rischi in vista della ripresa del SX?

“Per prima cosa bisogna capire se riusciranno a metterla in piedi, perché gli USA sono in una situazione anche peggiore della nostra. Non mi stupirei se il National quest’anno fosse annullato. Così come non mi stupirei se qualche pilota non vi partecipasse, in caso tutto fosse a posto. Ancora prima che il problema arrivasse in America, Roczen aveva già mostrato di essere molto sensibile alla situazione, rinunciando agli incontri con il pubblico. Credo che per gli americani la stagione finirà così , con Tomac Campione Supercross, con buona pace per un Roczen che l’avrebbe meritato quanto lui. Se non di più”.   

Molti piloti sono in scadenza di contratto, secondo te come si regoleranno i team che hanno i piloti in scadenza? E per i rinnovi e i cambi di squadra? E qualora saltasse tutta la stagione? Sarà possibile per i team pianificare il 2021 per tempo?

“Dipenderà tutto da cosa si riuscirà a fare. Mettiamo che il Mondiale non si corra, ma un campionato nazionale sì. Di fatto il rapporto di lavoro è stato consumato. Personalmente, sia che si corra o meno, ritengo che tutti i contratti saranno rivisti, secondo scadenza e non congelati”.

Sicuramente ci saranno ripercussioni economiche enormi  dopo la pandemia. Soprattutto per le piccole squadre. C’è il forte rischio che il prossimo anno vi saranno schieramenti ridotti?

“Questa domanda si collega alla precedente e conferma quanto detto. Il problema dei contratti non è dei piloti, ma dei team. Quanti riusciranno a continuare e quanti a mantenere lo stesso livello nel 2021? Le squadre stanno in piedi grazie agli sponsor (oltre ai piloti paganti) e, se il settore non riparte, le aziende dovranno limitare gli investimenti. Per questo è importante riuscire a corre quest’anno e soprattutto a farlo in Italia, perché favorirebbe la ripresa della nostra micro economia. Lo stesso vale per il mondo dell’enduro, che genera altrettanto indotto ”.

Parliamo anche di cose belle. Come ti è sembrato questo inizio di stagione?

“È stato un avvio molto diverso dal solito, fortemente targato Honda, tra la Dakar, il Supercross e gli Internazionali. Dopo anni di dominio KTM stavamo vivendo un dualismo finalmente equilibrato. Purtroppo ci hanno fermato sul più bello”.

Hai notato che la condotta di gara di Herlings è stata più remissiva in certi frangenti? Che sia maturato finalmente? Gajser al contrario continua a giocarsi jolly incredibili!

“Verissimo. In gara 2 in Inghilterra e nella prima manche dell’Olanda Herlings ha mostrato un lato mai visto. Soprattutto a Valkenswaard, davanti ai suoi tifosi, sul suo terreno, nessuno si sarebbe aspettato di vederlo così calcolatore. Dopo due gare così avrei tanto voluto vedere cosa sarebbe successo in Argentina. Gara 2 in Olanda è stata stupenda e ha mostrato quanto Tim e Jeffrey viaggino a un livello superiore a tutti gli altri. Vero che Gajser continua a cadere, però per lui si tratta di una condizione normale. In questo è molto diverso da Herlings; Tim si rialza senza un graffio 9 volte su 10 e questo è un grosso vantaggio. Pensa che nel debriefing con la squadra dopo il GP di Valkenswaard non si ricordava neanche più di essere caduto. E ha tirato una mina pazzesca! La storia ci insegna che Jeffrey ha perso almeno tre titoli per infortunio. Gajser zero; quello del 2017 è stato condizionato da problemi personali, più che dagli incidenti. E questo potrebbe essere determinante in un confronto così serrato tra due grandissimi piloti”.

E di Tonino che dici?

“Dico super bene. Ogni volta che è stato inquadrato l’ho visto in difficoltà, per niente sciolto, molto in protezione. Credo che il recente problema al ginocchio lo abbia vincolato tanto in piste piene di canali profondi come quelle delle prime due gare. Eppure non era affatto lontano dai primi due e questo fa ben sperare su cosa potrebbe fare in condizioni ottimali. Nel suo caso, lo stop forzato sarà vantaggioso”.

Chi ti ha stupito tra i debuttanti?

“Nessuno. Sarebbe facile rispondere Evans, ma già lo scorso anno era partito molto bene per poi infilarsi in una lunga serie di situazioni sfavorevoli. E dopo l’esordio straordinario dell’Inghilterra si è subito infortunato in Olanda. Una cosa che mi ha stupito, tra i debuttanti, è stato il recupero fulmineo di Prado”. 

In merito al futuro del cross azzurro: con tutti i giovani che stanno venendo su forte, Guadagnini, Forato e Lata in primis, si può dire che forse per il dopo Cairoli possiamo stare tranquilli?

“Ne sono certo. Alla fine degli Anni 90 c’era la stessa preoccupazione. La mitica generazione di Puzar, Chiodi, Bartolini, Federici & C. si stava esaurendo e il futuro sembrava difficile. Poi sono arrivati Cairoli, Philippaerts, Guarneri, Lupino, Monticelli. Quasi dal niente, all’improvviso. L’Italia è il paese di riferimento del motocross per storia, tracciati, team, organizzatori, aziende. E non è possibile che non riesca a far emergere qualche suo atleta. Certo che un altro Cairoli sarà difficile rivederlo”.

Sei un professionista del settore, sia sulla carta stampata sia in TV. È dura seguire le gare dallo schermo per il commento, avendo i piloti dal vivo a pochi metri?

“No, affatto. Mi diverte molto commentare le gare, è una cosa che mi viene molto naturale e riesco a immedesimarmi tanto in quello che fanno i piloti durante la corsa. Forse ancora di più di quando li seguo a bordo pista”.

Hai ospitato tante celebrità del motocross in cabina di regia. Chi è stato il più divertente? E il più professionale?

“Il più professionale probabilmente Michele Rinaldi. Il più divertente non saprei, perché alle gare son tutti oltremodo concentrati. Forse Philippaerts. Quando si trovava in difficoltà cominciava a ridere e star seri in quei momenti era difficile anche per me”.

Cosa cambieresti al cross odierno?

“A livello sportivo molto poco. Se guardi una gara di 20 anni fa ti accorgi di quanto tutto si sia profondamente evoluto, rispetto a molti altri sport ben più blasonati rimasti pressoché invariati. Da appassionato ci sono due o tre gare del calendario che mi coinvolgono meno di altre, ma nel complesso il Mondiale mi piace molto. Quello che cambierei è l’approssimazione con cui ci si immedesima in ruoli professionali. Non basta avere una moto in box per essere un pilota e lo stesso vale per chi ha una macchina fotografica e si sente un fotografo o chi ha un computer e si spaccia come giornalista. Vedo un livello molto basso in attività altresì molto serie, in tutti i settori legati al nostro ambiente. Gente che durante la settimana fa tutt’altro e la domenica s’improvvisa “professionista” e magari ha pure delle pretese. Questo fa molto male al nostro settore, impedisce di costruire qualcosa di concreto e limita fortemente la qualità del percepito. Il problema è che se un pilota lo riconosci dal tempo sul giro, i mestieranti sono più difficili da identificare per la massa. Ma finché sarà così resteremo un settore poco credibile”.

Molti addetti sostengono che per avere il motocross in TV bisogna fare una manche singola e andare anche in Europa dentro gli stadi. Tu come la vedi?

“Forse una volta sì, quando i canali televisivi erano meno di 10 e per entrarci dovevi plasmarti sui format richiesti. Oggi con tutta l’offerta che c’è non hai più bisogno di avere la manche singola. Due gare da 30 minuti sono molto rapide, spettacolari e sono un contenuto originale per le TV che speso non sanno come riempire i palinsesti. Il problema ce l’hanno loro adesso, non più noi. Invece si fa fatica a trovare uno spazio ed è un controsenso, con tutta l’offerta che c’è tra digitale terrestre e pay TV. Con l’arrivo di Infront l’anno scorso speravo che qualcosa cambiasse già in questo 2020, invece è rimasto pressoché tutto uguale. Nei due anni in cui ho collaborato con Mediaset (2015-2016) ho avuto modo di osservare la gestione dei diritti e ho toccato con mano una buona apertura da parte del promoter. Eppure non si trova una soluzione e faccio fatica a capire dove il meccanismo s’inceppi”.

Chi è il tuo pilota preferito in assoluto?

“Facile rispondere Jeremy McGrath. Ha ispirato tutta la mia generazione, un pilota vincente che riusciva sempre a stupire il pubblico, coinvolgendolo non solo con le battaglie in pista, ma anche con una buona attitudine allo show, con uno stile di guida stupendo e con delle scelte in certi casi anche molto coraggiose. Ho avuto la fortuna di vederlo tante volte dal vivo e di conoscerlo personalmente anche al di fuori delle gare e sono rimasto contento anche della persona che è”.

E la gara che ti ha emozionato di più?

“Questa è difficile, perché sono tantissime. Ma una che ricordo con particolare emozione è stato il GP d’Italia a Montevarchi del 2006, con la battaglia tra Tony e David nella MX2. Un’altra indimenticabile è Arco 2017”.

Hai qualche aneddoto divertente da raccontare?

“Tanti. Uno che ricordo fu quando Febvre vinse il Mondiale ad Assen. Il martedì successivo sono andato all’aeroporto di Bergamo a prenderlo; mi ero accordato con Rinaldi che lo avrei accompagnato io a Langhirano, in modo da poterlo intervistare durante il tragitto. Per far bella figura mi sono fatto prestare un’auto dai colleghi di Automobilismo, una BMW di lusso nuova, non ricordo che modello fosse. Ma ricordo bene che aveva il cambio automatico e io non ne avevo mai guidata una così. Quando siamo arrivati alla sede del team abbiamo trovato tutta la squadra schierata che faceva festa per Febvre; tutti vestiti con la maglietta celebrativa, striscioni, urla, allegria. Febvre ha iniziato a gridare dentro la macchina “Campione del Mondo, Campione del Mondo!” e si è tolto la cintura. Io mi sono emozionato… e ho schiacciato con decisione la frizione per fermarmi. Che però era il freno! Romain ha battuto una testata sul cruscotto pazzesca. Per fortuna non si è fatto nulla. Quell’anno lì era indistruttibile. Per fortuna…”.     

 

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